Il cielo si frantuma in cocci metallici sul sepolcro della mia amata e la “DIASPORA” comincia… mi specchio in un tagliente frammento di notte e scopro il mio volto deformato. Gli anni mi hanno reso il pirata più temuto dei sette mari, ma ancora un demone ride alle mie spalle, un demone biondo dalla pelle di seta, un mostro bifronte ancora popola i miei sogni… Ho occhiaie da combattimento e tigri morte sulla coscienza, ho un “mare” di ricordi ed una penna per navigarci sopra, un manipolo di guerrieri (Dio li benedica!) e uno sfrontato amore per il rischio e la scommessa. Un vortice ci risucchierà chissà dove, ma siamo pronti per partire, corazzati di tutto punto che l’inferno non ci fa paura… la strada è una casa su misura per gli spiriti migranti. La mia anima si mostra sbeffeggiante di ogni cosa, soffre il peso dei suoi dodici pensieri... il verso mi martella le meningi continuamente, come una specie di malattia e il mio cervello vi offre i suoi frutti rossi fiammeggianti, ma sono bacche pericolose: vi potreste avvelenare...

…li davanti c’è ancora la strada e qualsiasi rifugio è una menzogna o un comodo letto per i vigliacchi e i cattivi… e cosi le parole evaporano nel sonno, sono rantoli d’ebrezza. Fili di perle e il cielo è schizzato d’inchiostro: è ancora notte e il passato ritorna nelle giare ricolme di vino. Sulla testa ho una piccola fata, sento il rullo dei suoi tacchi sul teschio, è indispettita dalla pioggia e un diavolo di violino accompagna la sua stridula danza. Ne abbiamo avute di visioni, l’occhio produce scheletri dal nulla, le limpide prigioni di Golconda ci fecero prigionieri del nostro migrare, schiavi di un paese altrove, di un altro…altro posto. Queste dodici stelle che seguono lo stesso cammino sono il popolo della mia nascita, un popolo senza nome…

Andiamo! La strada finisce dove i corvi ci sorprenderanno all’alba nel cimitero delle nostre scarpe.

A. & A. Granese