IN MORTE (Antonio Granese)
dedicato a Fabrizio De André

 

Rit.: La mia musa ballerina
è una puttana da dieci soldi,
il mio sorriso più sincero
ciondola da una forca.

Non sono troppo ubriaco per parlare
e allora vi racconto un’altra storia
se mi state ad ascoltare
e se mi aiuta la memoria:
“Era una mattina come tante,
il vecchio si levò dal suo giaciglio,
mandò via il grillo parlante
e il pinguino elettrico in uno sbadiglio…
poi, come spesso accade,
uscì fuori a guardare il cielo
mentre l’aria sulle strade
era una lama tagliente di gelo…
-urla spezzate- -fanciulla indifesa-
-sangue di popolo sulla sua strada-
non vide nulla uscendo di casa…

Rit.: La mia musa ballerina
è una puttana da dieci soldi,
il mio sorriso più sincero
ciondola da una forca.

Poi c’era un tizio che stava a bere,
un tizio di nome Tizio mica male,
stava lì tutte le sere
in compagnia di un boccale,
era il tizio che beveva con me
ai tempi in cui sapevo lavorare
ed era forte come me,
ma non voleva vomitare…
l’ho perso in qualche strada barcollando
o forse mi ero un attimo girato?
Crede ancora in quello sbando
oppure è morto da avvocato?
Poi una sera mi prendo qualcosa
e lui è lì al banco dietro un bicchiere
-sei stato in galera!? Davvero!? E per cosa?

Rit.: La mia musa ballerina
è una puttana da dieci soldi,
il mio sorriso più sincero
ciondola da una forca.

Ma il poeta sembra troppo stanco
per accendersi un’altra sigaretta:
lasciando al buio il branco
se ne andrà di fretta
e il tempo diviene storia sospesa,
un aspettare un’ultima canzone,
un figlio in attesa,
una breve stagione…
...e tu, amico che stai nei campi giulivi
a masticare gloria e bere vino,
dacci un sogno che arrivi
a riempirci il bicchiere al mattino
che di fatti strani e assurdi ne ho già visti:
c’è sangue di popolo sulla mia maglia
e ho usato le mani in modi mai visti.

Rit.: La mia musa ballerina
è una puttana da dieci soldi,
il mio sorriso più sincero
ciondola da una forca.

 

 

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